venerdì 25 febbraio 2011

Fughe di massa


Stanchi dell’infinita diatriba sui 30 km all’ora, assurta ad argomento fondamentale per l’Amministrazione saronnese priva di altri provvedimenti su cui seriamente dibattere, torniamo a guardarci intorno.
L’esplosiva aria rivoluzionaria che, con molta violenza, sta spazzando i regimi dell’Africa settentrionale sembra destinata ad avere, tra le più importanti conseguenze, quella di una fuga di massa da quei Paesi verso l’Europa, tramite il ponte naturale costituito dalla Penisola italiana: si parla di centinaia di migliaia di persone in procinto di dirigersi verso le nostre coste.
La prospettiva è inquietante per molti motivi, ma per due in particolare:
-  l’ostile, comoda e cinica posizione dei Paesi nordici dell’Unione Europea, che si rifiutano di collaborare con i Paesi dell’Europa mediterranea, direttamente coinvolti in questo esodo: un brutto colpo all’ideale europeo e alle sue istituzioni, dimostrativo delle riserve mentali di alcuni Stati, solitamente così zelanti nel difendere – con i paroloni - i diritti umani e pronti a bacchettare l’Italia, che avrebbe leggi troppo restrittive sull’immigrazione;
-  la solitudine in cui si viene a trovare il nostro Paese, che non può certo far fronte da sé ad un fenomeno così diffuso (epocale, è stato definito), con problemi pratici di enorme rilevanza non solo di natura economica: i soldi, anche se l’Unione Europea ne stanziasse, non bastano; si tratta di ben altro, di dare un’accoglienza civile ed umana.
Ma prima ancora di queste amare riflessioni, stento a capire per quale ragione migliaia di persone aspirino ad abbandonare i loro Paesi dopo aver fatto una rivoluzione per abbattere regimi dittatoriali e conquistare libertà e democrazia: perché, finalmente liberi, soprattutto i più giovani, non s’impegnano nella ricostruzione delle loro patrie, non si rimboccano le mani da protagonisti di società nuove, affrancate dai limiti di sistemi polizieschi? Perché non si rendono autori del loro futuro, della redistribuzione delle ricchezze depredate dai regimi corrotti che hanno concorso a distruggere? Da che cosa fuggono, ora che hanno l’occasione di vivere più dignitosamente e senza il peso di governanti feroci e repressivi, con l’orgoglio di averli sconfitti?
Certo, in questa situazione rivoluzionaria, i migranti diventano profughi per il diritto internazionale, sicché non sarebbe giuridicamente lecito non dare loro asilo.
Forse che, allora, queste rivoluzioni  si trasformino in un ben congegnato grimaldello per lo stravolgimento degli assetti politico-storico-sociali-religiosi dei Paesi europei mediterranei? 

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