domenica 2 gennaio 2011

Libertà vo cercando…


Notizie sempre più allarmanti dal mondo, in coincidenza con la giornata mondiale della pace, voluta per la prima volta nel 1968 dalla v.m. di Paolo VI: ad Alessandria d’Egitto l’ennesimo attentato ad una chiesa cristiana copto-ortodossa, con un centinaio tra morti e feriti; il Presidente Mubarak, stanco e malato, attribuisce a stranieri l’origine dello scellerato gesto; tuttavia, come ricordavo in un appunto di viaggio del 2009 (http://pierluigigilli.blogspot.com/2009/09/la-resistenza-cristiana-dei-copti.html), nel 1952, alla deposizione di Re Faruk, il 25% della popolazione egiziana era di fede cristiana (massimamente ortodossa copta), percentuale oggi ridottasi al 10%, anche a causa delle insistenti persecuzioni, soprattutto nell’Egitto profondo; anche nel 2007, durante una giornata trascorsa ad Alessandria, vidi una chiesa copta presidiata dalla polizia, la mattina; nonostante ciò, nel pomeriggio, vi fu un attentato con l’uccisione di una ventina di cristiani.

Non posso credere, quindi, ch si tratti di mere casualità; temo ci sia un disegno globale – non solo in Egitto, ma in tutto il Medio Oriente (si pensi all’Iraq, dove i cristiani, minoranza di circa il 10% sino a Saddam Hussein, stanno sparendo ed emigrano in massa) – per scalzare, con la violenza e le intimidazioni, le più antiche chiese cristiane, di origine apostolica.

Il Santo Padre (Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace) insiste – con fede, speranza e carità – a proclamare che “la libertà religiosa è anche un’acquisizione di civiltà politica e giuridica. Essa è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse, eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna. In questo ambito, l’ordinamento internazionale risulta emblematico ed è un riferimento essenziale per gli Stati, in quanto non consente alcuna deroga alla libertà religiosa, salvo la legittima esigenza dell’ordine pubblico informato a giustizia. L’ordinamento internazionale riconosce così ai diritti di natura religiosa lo stesso status del diritto alla vita e alla libertà personale, a riprova della loro appartenenza al nucleo essenziale dei diritti dell’uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non può mai negare”.


Mentre i primi due documenti non pongono limiti, se non quelli dell’ordine pubblico e del buon costume, alla libertà religiosa – intesa come declinazione dei diritti nativi di ogni uomo – la dichiarazione islamica restringe il concetto di libertà religiosa alla compatibilità con il concetto di persona e di comunità dell’Islàm, fondato su una legge divina. Istruttivo, in tal senso, l’art. 12 (Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola): “Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica (nel 1990 è stata proclamata la Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell'Islam, il cui art. 10 dice semplicemente: l'Islam è una religione intrinsicamente connaturata all'essere umano. È proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull'uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un'altra religione o all'ateismo”).

La forma eufemistica più frequente per comprimere – se non per negare tout court – la libertà religiosa è appunto l’apposizione di limiti al suo esercizio, tanto più pericolosi, quanto più discrezionali e demandati all’interpretazione e all’applicazione da parte di autorità amministrative/giurisdizionali (in Egitto è obbligatorio riportare sui documenti d’identità ed anagrafici la religione cui si aderisce) o istituzioni espressione di un culto dominante.

In alcuni casi, l’intento discriminatorio è esplicito: in Pakistan, dove la minoranza cristiana e induista rappresenta il 5%, ossia circa 9 milioni (milioni!) di persone, è stata imposta la shar’ia, la legge coranica, come unica fonte del diritto, a cui sono soggetti anche i non musulmani, con conseguenze aberranti: alle elezioni, i non islamici possono votare solo per i pochi seggi loro riservati; per la celebrazione dell’Eucarestia cristiana, i sacerdoti devono munirsi di permesso della Polizia per usare il vino, altrimenti proibito e punito; in tutte le scuole pubbliche è obbligatorio seguire l’insegnamento della religione musulmana anche per gli alunni appartenenti ad altre fedi; la legge contro la “blasfemia” (art. 295 del Cod. pen.) prevede pene durissime, fino alla pena di morte, per chi sia sospettato d’aver offeso l’islam (circa 700 cristiani sono stati imprigionati per tale ragione, senza possibilità di difesa, poiché la testimonianza dei musulmani prevale); tutte le cause civili e penali sono decise secondo il Corano, nei tribunali guidati da religiosi musulmani.

Non molto dissimile la situazione in Sudan, in Somalia, in alcuni stati della Nigeria, ecc., per non parlare dell’Arabia Saudita e dell’Iran.

Nonostante ciò, il Santo Padre “ringrazia vivamente i Governi che si adoperano per alleviare le sofferenze di questi fratelli in umanità” e mitemente “invita i Cattolici a pregare per i loro fratelli nella fede che soffrono violenze e intolleranze e ad essere solidali con loro”. Prosegue Benedetto XVI: “in tale contesto, ho sentito particolarmente viva l’opportunità di condividere con tutti voi alcune riflessioni sulla libertà religiosa, via per la pace. Infatti, risulta doloroso constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi”.

Purtroppo, costatiamo con il Papa che “i cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e vivono spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro fede in Gesù Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la libertà religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale”.

Già, pace e libertà – libertà di essere uomini in ogni componente fisica e spirituale – viaggiano necessariamente insieme. Al di là delle ipocrisie dei fin troppi e costosi summit diplomatici internazionali in cui le sottigliezze, i distinguo, le eccezioni, le riserve mentali sovrabbondano, occorre insistere in ogni modo – lecito, ma fermo – affinché i capi di religioni oggi aggressivamente intolleranti incidano energicamente sui loro fedeli perché anche loro si avviino sulla strada della comprensione (alias "dialogo"), che i cristiani hanno imboccato da tempo; non imitino, però, il cedimento al lassismo ed al relativismo, che ha spinto gl’imbelli rappresentanti dei governi dell’Unione Europea a rifiutare ogni riferimento alle radici giudaico-cristiane della nostra civiltà.

Mantenere le proprie identità è fondamentale; anche religiosamente. Nel rispetto delle credenze altrui, nella convinzione che lo Spirito agisce in modo multiforme, spesso incomprensibile alle menti umane. Senza rassegnazione. Senza pietistici e malintesi compromessi nell’ambito delle migrazioni in atto, perché “l’apertura alla verità e al bene, l’apertura a Dio, radicata nella natura umana, conferisce piena dignità a ciascun uomo ed è garante del pieno rispetto reciproco tra le persone. Pertanto, la libertà religiosa va intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità” (ibidem).

Buon anno!

sabato 1 gennaio 2011

Spes nostra salus


La speranza segni questo anno neonato:
 cambierà poco? Molto?
Dipende anche da noi.
 Buon anno!