domenica 25 dicembre 2011

Santo Natale 2011


Augùri! Christus Dominus natus est!

sabato 24 dicembre 2011

Sorpresa di Natale!


http://www.ilgiornale.it/interni/bilanci_falsi__30_mld__lue_smaschera_prodi/23-08-2008/articolo-id=285023-page=0-comments=1

Buon Natale!


Buon Natale ai miei trentaquattro lettori ed a tutti coloro che si collegano al mio blog.
Un Natale più difficile del solito, meno rutilante di luci e di consumi.
Forse, per questo, più autentico e composto.
Nel ricordo di un compleanno, il più importante, da cui discende la nostra salvezza.
Nel calore della famiglia, che resta il caposaldo insostituibile della nostra vita.
Col pensiero per chi è solo, ammalato, lontano dagli affetti; per chi soffre di una o più delle umane miserie; per chi non vive nella pace.
Continuo a credere che Lui, caro Bimbo, per tutti noi sia il pegno di eterno futuro.
Buon Natale!

venerdì 23 dicembre 2011

Lampi (21): ordinanze che passione!


Regalo natalizio dell’ìnclito Capo dell’Amministrazione, dal titolo pomposo di “piano antinquinamento del Comune di Saronno”, contenente addirittura la miracolosa “ricetta anti-inquinamento: negozi a porte chiuse e riscaldamenti a 20 gradi”.

Si tratta, in verità, di un elenco di banalità risapute, appartenenti al più consueto bagaglio di buon senso che ogni cittadino conosce da sé naturaliter.

Le stesse cose del decalogo già ammannitoci un anno fa, consigli da almanacco di Frate Indovino o da manuale di Zia Petronilla (unica novità i negozi a porte chiuse: che – nella realtà – sono per fortuna ben pochi esempi, certamente da reprimere; le domeniche ecologiche furono già organizzate con successo dalla precedente Amministrazione).

Questo soi-disant piano antinquinamento non produrrà verosimilmente alcun effetto, al pari della cocciuta ed inutile limitazione della velocità dei veicoli a 30 km all’ora (norma di facciata, da nessuno rispettata e fatta rispettare); ma serve a sciacquarsi la bocca con solenni parole ecologiste e, soprattutto, a crearsi un’immagine di solerti difensori dell’ambiente, che così si mettono la coscienza a posto.

Quel che impressiona, però, è la forma ormai prediletta dal superno Reggitore: l’ordinanza.

Provvedimento coercitivo, di dubbia legittimità perché non supportato da straordinaria necessità ed urgenza e slegato dal concerto con gli altri Enti Territoriali (si tratta di un’emergenza purtroppo abituale e strutturale, peraltro condivisa con gran parte del territorio della Regione, sia urbano, sia di pianura).

Ma al Capo dell’Amministrazione piace interpretare il ruolo del Capo e ricorre con passione agli ordini;  ci vuole rendere virtuosi a colpi di ordinanze e si attende la pronta obbedienza.

Il sogno di ogni moralista, che non vede l’ora di instradare, educare, proibire:  i cittadini-sudditi.

L’ordinanza è la sua bacchetta magica; sopporteremo anche questa, al pari delle ricorrenti omelie obamiche, che ci esortano ossessivamente alla virtù e, dall’avvento del governo del Rag. Monti, alla sobrietà, perché non è tempo di frizzi e lazzi.

D’altronde, in un momento così tormentato della nostra storia, la seriosa maggioranza ha trovato il tempo per proporre al Consiglio Comunale – in mancanza d’altro e per riempire il vuoto amministrativo – di istituire un improbabile registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, problema indubbiamente prioritario e fondamentale. Peccato che non lo si possa disporre con un’ordinanza…

Buona antivigilia del Santo Natale.

martedì 13 dicembre 2011

Ipse dixit (9): la sobrietà dell'albero


La sobrietà! 
Nuova parola fatale, simbolo del Prof. Monti (sobrio), dell’Italia della crisi; nuovo termine à la page, che sostituisce l’altrettanto fatale e abusato solidarietà.
E così, per sobrietà, abolite le  luci anche sull’albero di Natale in piazza.
Suppongo per un èmpito di morigeratezza, non certo per risparmiare (i consumi sarebbero comunque modestissimi e non inciderebbero sulla bolletta energetica del Comune, che la corrente la paga à forfait).
Nozze coi fichi secchi, dunque; e Natale al buio; le luci, secondo l’Augusto Reggente,  sarebbero sfoggio di opulenza e questo non è il momento di frizzi e lazzi (non sapevo che le innocenti lucine rientrassero in questa categoria).
Già depressi per un’amara congiuntura, votiamoci  - per ordine superiore – a sobrietà e austerità e prepariamoci a pagare, il 1° gennaio, € 34,00 di bollo sui conti correnti (100,00 per i soggetti diversi dalle persone fisiche), con cui il sobrio ed austero Governo tecnico ci dà il benvenuto nel nuovo anno (obbligando un paio di milioni di pensionati ad aprire un conto corrente per avere la carta di credito: un favore alle banche, giacché i pensionati sono notoriamente dei… grandi evasori e serve la tracciabilità di quanto spendono!).
Anno che sarà ricchissimo: di imposte e tasse (IMU, addizionali IRPEF regionali e comunali, imposte di bollo dappertutto, ecc.).
Meglio il buio, quindi: con poca luce, si vede meno e il mondo sembra meno brutto. 
Come al buio amano girare di notte i gatti e  i ladri di speranze.

Davvero senza parole


Riporto integralmente e senza inutili commenti l'agghiacciante articolo di Paolo Baroni su Wall Street Italia, pubblicato il 12 dicembre 2011:

Ecco quelli delle pensioni d'oro: fino a 90.000 euro al mese

"ROMA - Ci sono contratti e accordi. E poi le leggi, i regolamenti, le intese. Tutto è in regola, per carità.
Ma se ci si ferma un attimo a pensare, in alcuni casi, i cosiddetti diritti acquisiti diventano privilegi. In tema di indennità, stipendi, vitalizi e pensioni, negli ultimi tempi è stato scritto (e denunciato) di tutto e di più. Ma ora che si chiede a milioni di pensionati di rinunciare al recupero dell`inflazione e a migliaia di operai ed impiegati di restare diversi anni in più al lavoro la contraddizione prende le fattezze dello scandalo. Dalla «Casta» di Rizzo e Stella, a forza di non fare nulla, odi far finta di intervenire, siamo arrivati alle «Sanguisughe» di Mario Giordano, che nel suo ultimo volume mette in piazza (e alla berlina) tutte «le pensioni che ci prosciugano le tasche».
Se ne parla tra la gente, sui blog volano parole grosse, demagogia e populismo vengono sparse a piene mani. Ma questo non toglie che il problema esista.
In Parlamento, dove a fatica i presidenti Fini e Schifani stanno facendo marciare il taglio dei vitalizi, l`ultima volta che la questione è stata affrontata è stato tre giorni fa. La Commissione lavoro della Camera ha posto la questione dei trattamenti dei dipendenti degli organi costituzionali e delle Authority. Che non solo benefidano di stipendi ben più alti della norma, ma ancora oggi godono di un regime di assoluto privilegio. Intervento che viene definito «urgente e improcrastinabfie», per affrontare «situazioni di oggettivo privilegio, derivanti da aspetti abnormi del sistema retributivo, anche prevedendo il passaggio al calcolo contributivo prorata».
Bankitalia, a stretto giro di posta ha fatto subito sapere che i propri dipendenti sono completamente assoggettati al regime Inps. Dall`ultimo consuntivo del Quirinale, invece, si apprende che già da tempo ai suoi dipendenti si applicano norme più rigide col blocco delle progressioni automatiche ed il taglio degli assegni più alti (5-10% a seconda che si superino i 90 o i 150 mila euro).
Nonostante il giro di vite, però, i dipendenti possono ancora andare in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi. E comunque ogni anno il Colle incassa contributi per 8 milioni e paga pensioni per 90 (38% del bilancio). Camera e Senato fanno anche peggio. Palazzo Madama, infatti, ogni anno spende per le pensioni circa 182 milioni, 209 la Camera su un budget complessivo oli 1 miliardo.
Sulla carta «fermo restando il collocamento a riposo d`ufficio per uomini e donne a 65 anni di età», nel caso del Senato, si può andare in pensione al compimento dei 60 anni se in possesso dei requisiti richiesti, ovvero 20 anni di servizio effettivo e 35 anni di contributi. In più c`è anche la possibilità di anticipare l`uscita a 57 anni, ma «con forti penalizzazioni». E ovviamente ancora tutti col vecchio sistema retributivo. Ora nel suo ultimo resoconto contabile il Senato annuncia «nuove e più restrittive disposizioni» ed anche alla Camera si parla di «inasprimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità». Ma l`ultima nota di bilancio non chiarisce assolutamente come si intenda procedere.
Più si sale nella scala sociale e più certi trattamenti pensionistici appaiono agli occhi della gente comune scandalosi. La «pensione d`oro» per eccellenza, certifica l`Espresso nel suo ultimo numero, spetta a Mauro Sentinelli, classe 1947, che arriva a quota 1.173.205 euro lordi l`anno. Ovvero 3.259 al giorno.
Come c`è riuscito? Sentinelli, scrive Giordano sul suo blog, «quando è andato in pensione guadagnava 9 milioni di euro l`anno e si è avvalso della facoltà di passare dalla gestione speciale del fondo telefonici, che paga i contributi solo sulla retribuzione base, a quella obbligatoria dell`Inps, che prende in considerazione anche le altre voci della busta paga, a partire da benefit e stock option».
Legale, regolare, ma scandaloso. Dietro a Sentinelli, un altro «telefonico», Alberto De Petris, classe `43, (653.567 euro lordi/anno) e Mauro Gambaro, classe 1943, ex direttore generale di Interbanca oggi all`Inter, con 665.084.
Se poi si alza ancora di più lo sguardo ai palazzi «alti» escono altre cifre stellari.
Il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi cumula 30 mila euro/mese di pensione Bankitalia con 4000 euro dell`Inps ed i 19.054 euro dell`indennità da parlamentare (53.054,00), Oscar Luigi Scalfaro, oltre all`indennità di palazzo Madama (19.054) prende 4.766 euro netti al mese (23.810) dall`Inpdap per avere esercitato l`attività di magistrato per tre anni (dal 1943 al 1946), Lamberto Dini incassa 18 mila euro da Bankitalia, 7000 dall`Inps e 19.054 dal Senato (44.054,00), Giuliano Amato invece cumula 22.048 euro mese dall`Inpdap coi 9.363 che gli da il Parlamento (31.411,00).
Quanto tempo fa Lilli Gruber ad «Otto e mezzo» ha osato chiedergli se fosse stato disposto a ridursi la sua pensione d`oro l`ex premier ha risposto piccato: «Non capisco la domanda». E la trasmissione si è chiusa così, nel gelo più totale. Commenta un frequentatore del blog di Giordano: «E se fosse arrivato il momento di introdurre una tassa sulle sanguisughe?»".

lunedì 5 dicembre 2011

Lacrime senza ironia


Ho seguìto con molta attenzione tutta la conferenza-stampa del Presidente del Consiglio e dei suoi Ministri in relazione alla manovra per salvare l’Italia.
Al di là dell’ambientazione cambiata (si è notato che lo sfondo della sala-stampa, il tavolone, persino le sedie sono stati rapidamente sostituiti in segno di discontinuità con arredi meno barocchi e ovviamente più tranquilli: ma quanto sarà costato?), la conferenza mi ha colpito particolarmente per il clima e le movenze degli attori.
Il Capo del Governo incarna naturaliter  la sobrietà; se mai qualcuno gli volesse dedicare una statua (che Lui coerentemente rifiuterebbe come inutile spesa), lo raffigurerebbe come l’immagine plastica del risparmio; è semplicemente perfetto: impassibile, dall’eloquio solenne e lento di chi sa che le sue frasi passeranno ai posteri, si allontana le mille miglia dallo stereotipo dell’italiano medio; non gesticola, non ammicca, ascolta compunto, gli occhi un po’ acquosi sempre pensosi e rivolti verso lontani orizzonti, non  è istintivo ma riflessivo, non interrompe, parla ex cathedra con intento didascalico, con toni bassi e suadenti, linguaggio professorale, condiscendente, di chi si degna di concedersi benignamente e di dispensare i tesori della sua sapienza; ma sa tenere le distanze, non è un piacione, né un compagnone sanguigno, siede con eleganza congenita e semplice, rivestito di una dignitas professorale imperturbabile e confidente solo con i suoi pari (ai suoi Ministri si rivolge dando del tu e chiamandoli per nome, come in un club bene assortito);  le sue battute hanno lo scopo di alleggerire la tensione con uno humour  aristocratico da Camera dei Lords: non ride, tutt’al più sorride, con gli angoli delle labbra increspati di uno che la sa lunga e sa adattarsi alle circostanze; gentilissimo coi giornalisti, tenero con i suoi Ministri – da cui è venerato e che tiene in pugno con rigore – si è già tradotto in mito, in arbiter elegantiae (eleganza di modi, non tanto di abbigliamento), in esempio lodevole da imitare, nonostante un certo sussiego compiaciuto.
Davvero perfetto, gran signore, gentiluomo pacato, il vicino ideale che mai oserebbe alzare il volume della tivù; talmente perfetto da sembrare finto, come i fiori artificiali, che appaiono più belli di quelli veri.
Con soavità e senso della missione, ha messo tutti al loro posto, a partire dai sindacalisti, un po’ troppo pittoreschi e petulanti per le sue abitudini; anzi, ha già loro insegnato che la concertazione è limitata alle questioni che riguardano strettamente il lavoro e che è sbagliato applicarla alle questioni economiche.
In questa atmosfera rarefatta ed impersonale, da Paese nordico, ha quindi spiccato la sorprendente commozione della Ministra Elsa Fornero, che ha pianto al momento di pronunciare la parola “sacrifici”.
Mi ha davvero colpito e lo dico senza ironia o, peggio, sarcasmo: è stato un momento di sincera umanità, tanto più apprezzabile in un clima snob, compìto e algido come quello della conferenza-stampa.
Ci voleva una donna per far tornare tutti con i piedi per terra, con una sensibilità naturale capace di superare le compassate movenze di un copione studiato per narcotizzare.
Che differenza con la buonanima di Padoa Schioppa, che definiva bellissime le tasse e bamboccioni  i ragazzi ancora in famiglia, probabilmente non proprio per loro volontà. Che differenza con altre donne salite ai livelli più alti delle istituzioni per meriti che eufemisticamente definisco estetici.
Pazienza, andrò anch’io in pensione più tardi del previsto; è un sacrificio, dovuto all’egoismo forse inconsapevole delle generazioni che mi precedono; ma – temo – al di là del resto della manovra, va proprio fatto, sennò condanniamo al precariato a vita i nostri figli.
Le lacrime della Prof.ssa Fornero mi hanno dato un quid pluris di motivazione e di convinzione; ne ha tutto il mio rispetto.
Limitato a lei, beninteso.

sabato 3 dicembre 2011

Il vero volto della primavera araba


Con grande esultanza, gli osservatori occidentali, al pari dei loro governanti, hanno salutato, da gennaio in poi, la c.d. primavera araba che, dalla Tunisia, all’Egitto, al Marocco, allo Yemen, a Bahrain, alla Siria, alla Libia, sino addirittura all’Arabia Saudita ha visto le folle scendere in piazza (e alle armi) e, con la forza di Facebook, deporre alcuni regimi di lunga durata.
Finalmente, dopo un periodo di decantazione, in alcuni di questi Stati si è arrivati alle elezioni, democratiche all’occidentale.
In Tunisia, in Marocco e ora in Egitto i partiti islamici – più o meno fondamentalisti o moderati - hanno conquistato la maggioranza; c’è da presumere che sarà così prossimamente anche in Libia e che lo sarebbe pure nello Yemen e in Siria (una volta liberatesi dai rispettivi dittatori); in Turchia, un forte partito islamico è già democraticamente al potere, alla faccia del laico fondatore Atatürk.
Francamente, non ho provato soverchia esultanza per queste rivoluzioni primaverili, di cui ora si scopre il vero volto: quello della progressiva islamizzazione dei governi e degli ordinamenti di quei Paesi, con il Corano fonte unica e suprema di ogni legge.
Così, con il plauso degli acuti (si fa per dire) osservatori, ci ritroviamo le coste meridionali del Mediterraneo unite e compatte come un sol uomo, tenute insieme dall’ispirazione religiosa, fattasi politica.
C’è poco da stare allegri; il concetto di democrazia del mondo occidentale non è compatibile con gli ordinamenti monoconfessionali: è una questione di mentalità, che gli occidentali, secolarizzati e relativisti, non riescono a capire, giacché considerano il loro concetto di democrazia come l’unico valido ed accettabile.
Invece, altri la pensano diversamente e sono più convinti di noi dei loro sistemi.
Come finirà, alla lunga?
Diventeremo tutti dhimmi?

Il Ragionier Monti: l’Italia salvata dagli yacht


Le anticipazioni del contenuto dell’ennesima manovra gettano nello sconforto, accompagnato da profonda delusione.
Sconforto non per le misure draconiane, che tutti ci aspettavamo con rassegnazione, vista l’aria che tira; bensì per la “banalità” dei provvedimenti, che riguardano in gran parte l’entrata (con nuove o maggiorate tasse e imposte) e non incidono sulla struttura: sacrifici notevoli, che immoleranno  a diktat berlinesi (da Parigi non arrivano più, anche lì hanno capito finalmente di stare male, nonostante i vezzi della grandeur) altri miliardi tratti dalle tasche degli Italiani; sacrifici probabilmente inutili, inadatti a cambiare realmente le cose, forieri di altre future “manovre” dissanguanti.
Delusione per la pochezza dimostrata dal tanto celebrato Governo dei Professori: questi tecnici, così competenti ed abili, non hanno saputo fare di meglio dei tanti governicchi di politicanti. Aumentano ed inventano tasse! Il compito a casa assegnatogli dai maestri gallo-germanici è venuto male…
Sembra che nell’atmosfera rarefatta in cui operano i superni reggitori tecnici si sia insinuato il virus dell’immobilismo, della narcosi inventiva, della banalità: forse che l’Italia sarà salvata dai balzelli sugli yacht?
Nuove tasse e tributi deprimeranno ancora di più i consumi in tutti i ceti dei cittadini (per non dire dell’umore…); infatti, la quirinalizia equità si è risolta nel colpire nel mucchio, tutti – indipendentemente dai redditi -, con una modesta progressività, ridicole tasse sul lusso, minipatrimoniali sulle seconde e terze case,  con un’ampia zona  franca per l’evasione fiscale e per l’esportazione di capitali all’estero (nel Canton Ticino le banche pare siano costrette al lavoro anche domenicale).
Siamo alle solite; il Ragionier Monti ha sostituito il Professor Monti, con buona pace per le riforme vere, di cui non v’è traccia (salvo i cambiamenti nel settore pensionistico, di portata rilevante ma sopportabile; sempreché i sindacati – ed i partiti loro connessi – non li impediscano).
Rassegnato a riconsiderare la mia personale situazione pensionistica ed a qualche anno in più di lavoro, non sopporto, tuttavia, che per un’altra volta (ed in presenza di un’apparente maggioranza bulgara in Parlamento) si sia perso il treno  per mettere mano a provvedimenti seri ed ineludibili nei confronti delle famiglie.
Il Rag. Monti non ha pronunciato la parola famiglia nei suoi discorsi; ma la famiglia è la cellula fondamentale di ogni società, ancor di più nella nostra tradizione italiana.
Possibile che, insieme a tante nuove entrate, non si sia pensato ad introdurre il quoziente familiare nella tassazione dei redditi? Possibile che, nella smania provinciale di voler imitare gli esempi stranieri a tutti i costi, ci si dimentichi di come la famiglia sia correttamente trattata – p.es. – dalla legislazione fiscale francese (dove non hanno problemi di diminuzione demografica e i bambino sono tanti)?
La famiglia, i figli in Italia sono un lusso e come tali sono tassati; il nucleo formato da genitori e due o più figli è trattato né più né meno che come i single, sebbene le differenze di condizione di vita e di costi siano intuitivamente diverse; il single quando pensa per sé ha finito; in famiglia bisogna pensare al plurale ed utilizzare il reddito dei genitori (o dell’unico che lavori) per far fronte ai costi di tutti i familiari.
Si tratta di un concetto elementare che, se non capito o trascurato, ci condurrà alla vera rovina; senza figli, pronti ad entrare in futuro nel mondo del lavoro, chi sosterrà il sistema pensionistico? È mai possibile che il nostro paese di venti un enorme gerontocomio, poiché le nuove generazioni sono talmente meno numerose di quelle in età di quiescenza, che non potranno essere sostituite (se non dai figli degli immigrati, i quali, in punto, sono molto, molto più aperti alla vita di noi)?
Una seria politica tributaria, che riconosca alla famiglia il suo ruolo insostituibile anche in termini economici, dovrebbe essere improntata ad un trattamento fiscale favorevole, da cui – tra l’altro – deriverebbe un aumento dei consumi, con la riapertura di un ciclo favorevole: anche se crescessero le imposte indirette, come l’IVA, le famiglie aumenterebbero la propensione ai consumi se le imposte dirette (IRPEF) fossero equamente applicate con il quoziente familiare e la conseguente riduzione delle stesse (con il riconoscimento del valore sociale intrinseco della famiglia, peraltro affermato solennemente dalla sacra Costituzione, art. 29).
Ma noi, invece, ci balocchiamo con la cultura della morte (basti vedere la mozione presentata al Consiglio Comunale di Saronno dai civilissimi socialisti: ma non pensano ad amministrare?), facciamo assurgere a valore il decesso programmato, l’eutanasia, il diritto della donna (gli uomini non c’entrano?) all’aborto (pudicamente ribattezzato “interruzione volontaria della gravidanza"), i diritti affettivi di ogni genere di sesso e così via.
Il Governo dei ragionieri è sordo, non ha sensibilità sociale, guarda solo ai mercati, alla finanza, alla contabilità; dietro la demagogia della tassa sul’ormeggio degli yacht, si nascondono ben altri attentati, come la riduzione del fondo sanitario nazionale (perché non si dispongono metodi di stretta sorveglianza della spesa sanitaria, invece, con l’abbattimento degli sprechi?).
Il Ragionier Monti ha scelto la via più comoda e più facile, la leva fiscale aggressiva, senza consultare nessuno (se non Berlino e Parigi); se ascoltasse la casalinga di Voghera e il mitico Fantozzi Rag. Ugo sicuramente avrebbe qualche idea sana in più ( persino deputati e senatori potrebbero dare prova di inventiva).
Ma costoro non sono à la page, non hanno invidiabili curricula accademici, non frequentano prestigiosi club internazionali; e in più hanno il difetto di tenere famiglia…
Peggio per loro; tie’, paga e affidati agli esperti tecnici, sotto l’usbergo del Colle più alto; sono lì per salvarci, come la Merkel; già che ci siamo, rinnoviamo i fasti della tassa sul macinato; intanto, spendiamo 15 (quindici) miliardi di euri per l’acquisto di 131 bombardieri  F135, come leggo su “Il Manifesto”: sono lontano le mille miglia dalle idee di questo giornale; tuttavia – se la notizia è vera – mi domando con angoscia se sia proprio il caso di impiegare una somma simile (i tre quinti dell’annunciata manovra) per  comprare dei bombardieri; servono? Sono indispensabili? Mi sembra una follia.
Ma i Ragionieri non se ne accorgono: meglio i bombardieri che il quoziente familiare.

lunedì 28 novembre 2011

Lampi (21): il don Chisciotte dei trenta


“Non possiamo fare i Don Chisciotte, serve una regia contro il problema”, così dichiara il Sig. Sindaco alla stampa in merito alla grave situazione dell’inquinamento.
Ha pienamente ragione: come anche noi lo sosteniamo da anni, il problema è strutturale e misure generali sono le uniche che, seriamente, potrebbero condurre a qualche risultato; il singolo Comune ha le mani legate.
Può, quindi, contare sulla nostra attenzione, il Sig. Sindaco; ad una condizione, però: che, per non far apparire Saronno come il regno indiscusso dei don Chisciotte, si decida finalmente a revocare l’inutile, odioso ed ideologico provvedimento che limita a 30 km all’ora la velocità dei veicoli in pressoché tutta l’indistinta città.
Provvedimento che l’attuale congiuntura dell’aria dimostra essere del tutto privo di efficacia sui PM10 e sugli altri inquinanti, salvo che per la pubblicità diretta ed indiretta che questa maggioranza ci ha lucrato sopra.
Rimosso il provvedimento com’è oggi, tutti i Gruppi Consiliari d’opposizione sarebbero sicuramente disponibilissimi (come hanno già provato con proposte concrete) a rivedere il sistema dei 30 all’ora, per ricondurlo a seria misura di sicurezza per le zone più sensibili; come pure sosterrebbero il Sig. Sindaco in una battaglia per la salute di tutti, nei confronti degli altri, più potenti ed importanti Enti superiori.
Saprà, il Sig. Sindaco, re melius perpensa, passare dagli allarmi e dalle lamentele all’ascolto delle migliaia di persone che invocano un passo indietro? Se sì, ci farebbe un bel regalo di Natale, a costo quasi zero (la segnaletica, ormai, è stata frettolosamente posata) e darebbe prova di ammirevole capacità di riflessione.

Il paggio imperiale


L’Unione Europea è diventata una bi-monarchia imperiale franco-germanica, retta dai due co-Principi Nicolas I e Angela I: come due Consoli Imperiali, i Due annunciano riforme dell’ordinamento comunitario, per renderlo ancora più autorevole e rigido, munito di sanzioni vere nei confronti dei renitenti.
Il Cònsole Imperiale gallo ha prontamente richiamato l’Italia a fare i suoi còmpiti; la Consolessa Imperiale germanica si è detta impressionata dalle misure che l’Italia si accingerebbe ad adottare (ma le conosce solo Lei, gli Italiani non ancora).
La famigerata Agenzia Internazionale Moody's avverte che le possibilità di multipli defaults di Paesi europei non sono più insignificanti e che sono aggravati dall’incertezza politica in Italia e Grecia.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), orfano di Strauss-Kahn per oscure mene e vicende, smentisce che vi siano contatti con l’Italia per fornirle aiuti.
 Intanto, il Salvatore della Patria, così generosamente definito con toni encomiastici dalla stampa supina e dal Partito Democratico, presiede Consigli dei Ministri che si occupano di Isole Cook, San Marino e vegetali sui natanti.
Sul resto – cura da cavallo con lacrime e sanguetace, come tacciono rigorosamente i sobri Ministri Professori, Rettori, Prefetti, Ambasciatori, Ammiragli.
Si avvicina Natale e gli Italiani si attendono un grazioso cadeau dal superno Governo tecnico, crème de la crème: un mucchio di soldi da pagare, sacrifici pesanti che, però, anche a sinistra si definiscono anticipatamente come equi e necessari, per un'austerità coatta.
Recatosi dai due Consoli Imperiali con il cappello in mano, il Professore-Senatore-a-vita è stato trattato da paggetto di Corte e si è impegnato a promuovere enormi sacrifici, mediante l’imposizione di nuove tasse: certo, le tasse bocconiane, tecniche, sono bellissime, come sosteneva la venerata ed indimenticabile memoria di Padoa Schioppa; ma ci voleva un governo di esperti per inventare nuovi tributi? Non bastava uno Scilipoti qualunque? O un anonimo Rag. Fantozzi?
La verità è che i coautori del disastro del debito pubblico ci sottoporranno a sacrifici pesantissimi, che gli Italiani sarebbero anche disposti a fare, purché si sappia per qual nobile scopo; se si tratta di ripulire il nostro debito pubblico depauperandoci senza fine, la conseguenza è che il nostro intero sistema ne risentirà e, con la complicità non troppo occulta dei mercati e dei finanzieri le nostre aziende saranno comprate da stranieri a prezzi stracciati (francesi e tedeschi in prima fila), relegandoci in una posizione definitivamente ancillare rispetto ad altri e privi di sovranità economica (e, quindi, politica).
Il paggetto, con sobrietà e con l’appoggio di un Parlamento atonico e litigioso, sta per tartassarci e consegnarci al nuovo Impero Franco-Germanico: i cui Cònsoli, tuttavia, sono a loro volta precari (vedremo in primavera se Nicolas I sarà rieletto Presidente!) e stanno giocando un ruolo che non compete loro, con tutte le debolezze dei loro superbi Paesi.
Mala tempora currunt, la fine del tunnel è molto lontana; la crisi provocata dalla finanza sta mettendo a terra anche l’economia reale (i cui fondamentali sono buoni, come si continua a ripetere); ma – d’altra parte – anche al di là dell’oceano si pensa a ricevere l’albero di Natale alla Casa Bianca, notizia di cui le televisioni hanno riempito il mondo; un altro sogno obamico.  
Il resto (spread incluso) è inutile. 

giovedì 17 novembre 2011

Nuovi politici-amministratori


A margine del mio ultimo intervento, un'interessante riflessione di Lorenzo Guzzetti, Sindaco di Uboldo, che mi induce ad una replica:
"Solo una provocazione e una riflessione che faccio anche a me: ma non è che serve questa gente perché l'Italia non riesce più a partorire politici seri, preparati e capaci? Sfiderei l'80% del governo precedente a sapere la differenza tra una determina e una delibera...e non vado oltre. Per me che tento di fare politica è molto deprimente questo stato delle cose, ma confido in un risveglio deciso, serio e concreto delle persone appassionate dalla politica. O meglio, lo spero".

E già, caro Lorenzo, hai còlto il nòcciolo del problema: la crisi della politica
Quando si forma un vuoto, qualcuno lo riempie subito, è una regola... fisica, che si applica anche in questo campo. 
La "politica" si deve coniugare necessariamente con l' "amministrazione", a mio avviso. Non ci si può improvvisare amministratori senza aver un minimo di conoscenza delle regole dell'amministrazione; altrimenti, il "politico" è in balìa dell'apparato tecnico, che è immutabile e sa districarsi benissimo nella palude del nostro complicatissimo ordinamento. 
Ecco perché, apparentemente, un buon "tecnico" è potenzialmente un buon "amministratore": ne conosce tempi e modi, regole ed organizzazione, sicché parla con i funzionari nella stessa lingua. 
Tuttavia, il "tecnico-amministratore" corre il serio rischio di essere un teorico (un "professore") che agisce nel presunto interesse dell'amministrazione tout-court e non ha la sensibilità sociale che, per contro, dovrebbe essere la molla che spinge un "politico". 
L'amministrazione "tecnica" può anche essere perfetta secondo le regole scientifiche; ma siamo sicuri che sappia interpretare e cogliere i bisogni, le aspirazioni ed anche i sogni degli amministrati? 
Purtroppo, anche per esperienza personale, mi sono reso conto dell'approssimazione, della superficialità e delle velleità di molti "politici"; altrettanto devo dire dei "tecnici", rigidi e fermi al cavillo e all'applicazione maniacale delle norme, anche se astruse. 
Il politico deve dare gli indirizzi da seguire nell'amministrazione, ma deve pure valutare se le sue direttive siano compatibili con l'ordinamento, con la legittimità, con la realtà. 
Nei giorni presenti, l'affidarsi con aspettative quasi miracolistiche a dei tecnici, per quanto bravi e preparati, significa riconoscere espressamente che la classe politica è incapace di governare: non disturbate il manovratore... lui sì che sa come tirarci fuori dalle secche della crisi... 
Ma allora a che cosa serve la democrazia rappresentativa? 
Basterebbe dare il còmpito di governarci a tecnici scelti con severi concorsi pubblici e saremmo a posto...
È un'idea pericolosa, anche nelle emergenze; concorre ad infondere sfiducia nei cittadini, che piano piano si abituano ad affidarsi all'uomo provvidenziale di turno
Invece, non abbiamo bisogno di salvatori della Patria, ma di persone preparate e fortemente motivate che si dedichino al servizio dei cittadini nell'àmbito di una visione "politica" positiva, produttiva e concreta.
Già qualcuno parla di rottamazione dei gerontosauri della c.d. politica; credo che abbia ragione; noi siamo ingessati in un sistema paleolitico, in cui i politici o sono ancora quelli di decenni fa (soprattutto in una parte risparmiata sorprendentemente dalla decimazione di tangentopoli), o sono "nuovi" (quelli ormai stagionati da un ventennio, frutto della discesa in campo di un imprenditore geniale che credeva di poter applicare all'amministrazione gli stessi sistemi di un'azienda). 
Entrambe le categorie hanno fallito, salvo qualche eccezione. Si sono disperse in una defatigante lotta muro contro muro, nella delegittimazione reciproca, nell'annullamento delle decisioni dell'altro, così creando un vuoto, in cui la crisi mondiale e le banche sguazzano a loro piacimento.
Occorre, dunque, lasciare spazio ad una nuova generazione di "politici-amministratori", disposti a studiare scienza dell'amministrazione, oltre che ad aderire ad un impianto ideologico. 
Sennò, dopo i Monti arriveranno altre "risorse della Repubblica", in una sclerotizzazione a-democratica del nostro, come di altri Paesi democratici.  

mercoledì 16 novembre 2011

Top Government


Dunque, con l'assistenza amorevole di un'ostetrica d'eccezione, dispensatrice di laticlavi, il Prof. Monti ha partorito il suo governo tecnico per la salvezza e la coesione dell'Italia e parte di corsa.
Un Ammiraglio alla Difesa (non ha ancora giurato, è in Afghanistàn, ; che ci fa un marinaio in un paese senza sbocchi al mare?), un diplomatico dai magnanimi lombi agli Esteri, una Prefetta agli Interni, un Rettore ai Beni Culturali, un banchiere-manager allo Sviluppo Economico, un altro ex Rettore all'Istruzione, il Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente all'Ambiente, un Professore di diritto costituzionale alla Sanità, una Professoressa Vicepresidente del Comitato di Sorveglianza di Intesa San Paolo al Lavoro, una Professoressa Avvocata alla Giustizia, una sfilza di altri Professori e Banchieri....
Un concentrato di sapienza, di saggezza, di competenza, che mette insieme altissimi funzionari dello Stato, con rinomati Docenti universitari ed illustri Finanzieri, dai curricula impressionanti.
Verrebbe voglia di dire che finalmente abbiamo un Governo di esperti, che si possono dedicare all'amministrazione senza gli affanni della politica e dei politici; la politica si è autosospesa; avanzano banche (anche straniere...; insieme a Papadémos, sono già due i primi ministri non alieni a Goldman & Sachs...) e università.
Anche Antonio de Oliveira Salazar fu un economista sopraffino, che, in Portogallo, nel 1928 divenne Ministro delle Finanze e, in un solo anno,  applicando una politica di rigido contenimento della spesa, riportò il bilancio non solo in pareggio, ma addirittura in attivo, risultato che tutti avevano fallito per un secolo. Forte di questo successo, nel 1932 fu nominato Presidente del Consiglio ed introdusse una nuova Costituzione, che gli diede i pieni poteri, con la teorizzazione dell'Estado Novo. 
Rimase al potere fino al 1968, colpito da malattia che lo rese invalido; il suo regime continuò fino al 1974; in quasi quarant'anni, con una severa politica economica e circondato da soli Ministri tecnici ed esperti, narcotizzò il suo Paese. 

martedì 15 novembre 2011

Il fascino del trono


Quando il quasi insuperato Scalfaro (oremus), con un bel ribaltone, nominò Presidente del Consiglio il tecnico Lamberto Dini, si parlò espressamente di governo di decantazione, di breve durata. Invece, l'improvviso Capo del Governo si affezionò a tal punto al tronetto di Palazzo Chigi, che si tenne ben stretto il più possibile, dal 17.01.1995 al 17.05.1996, 14 mesi esatti, con la benedizione quirinalizia, impareggiabile nell'inventare scuse per scongiurare nuove elezioni (finché non avesse fritto per bene il neonato - politicamente s'intende - Berlusconi); seguirono Prodi, D'Alema, Amato bis (chissà perché una risorsa della Repubblica; più propriamente la Repubblica  è una risorsa per lui, titolare di varie pensioni per la modica cifra di € 40.000 mensili).
Alle elezioni del 1996, il tecnico Dini, divenuto il politico Dini, passò disinvoltamente a sinistra, con il suo effimero partito "Rinnovamento Italiano", conquistandosi ai comizi una bella dote del 3% dei voti.
Facciamo un salto ai nostri giorni: il Quirinale, attivo come mai, chiama un altro tecnico, ancor prima della crisi di governo, per motivi di emergenza e di coesione nazionale.
I partiti tuttora rappresentati in Parlamento - incassate le dimissioni berlusconiane senza un voto di sfiducia, con smodate sceneggiate di giubilo a sinistra - guardano con interesse variegato da tassi di ipocrisia da basso ad altissimo, ma tutti convinti (eccetto la Lega) che si tratti di un atto dovuto per rispondere ai mercati nel tempo strettamente necessario ad impostare il risanamento del Paese, come ci chiedono incessantemente i mercati, le banche, l'Europa, la B.C.E., Merkozy: ergo, con l'eccezione del Terzo Polo, pensano più o meno apertamente ad un Governo di responsabilità nazionale, tutto tecnico (una volta si chiamavano governi balneari) e transitorio, per traghettarci alle vicine elezioni.
Ma un trono è pur sempre un trono e prima ancora di detenerlo col supporto di un voto parlamentare sprigiona un fascino fatale; chi vi siede, non lo vuol lasciare più (se non in vista di un altro trono: il Colle più alto andrebbe bene, alla faccia dell'ambizioso Casini?).
Oggi, infatti, non pago del laticlavio a vita, il Presidente incaricato, dal confortevole ufficio di Palazzo Giustiniani, ha esternato"La predeterminazione della durata toglierebbe credibilità al governo" e "non accetterei una definizione temporale", ammonisce. L'orizzonte che Monti deve poter vedere davanti a sé è quello della "fine della legislatura".
Proprio così, fine della legislatura, eletta dal popolo con ben altri intendimenti: ipse dixit.
Giusto in tempo o per  farsi il proprio partito pret-à-porter, come Dini, o per concorrere al Quirinale (che scade a maggio 2013).
Occhio alle scadenze costituzionali: sei mesi prima della scadenza del mandato del Capo della Stato, scatta il semestre bianco, durante il quale il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere; per Monti, dunque, l'obiettivo è arrivare ad Ognissanti del 2012; les jeux sont faits...
Intanto, si parla già pudicamente di sacrifici (non di lacrime e sangue! Anzi, la Camusso ha già inventato l'espressione equità... così lieve, così vaporosa, così delicata): il “tecnico” proconsole europeo-bancario ripristinerà l’ICI sulla prima casa e farà la patrimoniale: magari per decreto-legge. 
Se la politica ha fallito, noto che chiunque è capace di aumentare imposte e tasse (la Marcegaglia, invece, ne invoca la diminuzione); non c’è bisogno di essere bocconiani, basterebbe un Fracchia Ragionier Ugo qualsiasi (il quale, però, aveva il coraggio di dire che la corazzata Potiomkin è una schifezza pazzesca...).
Attendiamo sfiduciosi; anche le borse hanno risposto fiaccamente al miracolo del Colle e lo spread è salito: ma non era berlusconidipendente?
Forse che pure la tecnica bancaria non è una scienza esatta, come la politica?

lunedì 14 novembre 2011

domenica 13 novembre 2011

La "nuova Italia liberata" si presenta

                                                                                                                                                            
http://www.youtube.com/watch?v=LHtEcqw-fQg&feature=player_embedded
http://www.ilmessaggero.it/video.php?id=13045
Ecco la coesione sociale tanto auspicata dal Capo dello Stato: sono questi i salvatori della patria, che come Bersani si smacchiano la coda o stappano champagne come la Melandri o mostrano il ghigno più feroce come la Bindi? Sono costoro i sostenitori del costituzionalissimo nuovo governo tecnico del Presidente? Almeno il Presidente del Consiglio uscito era stato legittimamente eletto dal popolo; i nuovi Monti voluti dal Colle più alto no.
Bell'immagine dell'Italia si trae da questo clima fazioso e carnascialesco, da sgangherati tifosi della curva; all'estero già ci vedono come inguaribili vagheggini, pronti a far bisboccia ad ogni occasione; Italiener Musikanten, ci manca solo il mandolino.
Altro che coesione sociale, sono immagini da revanchismo di chi non ha mai sopportato di aver perso ripetutamente alle elezioni; uno splendido viatico per la nuova compagine governativa (nuovo anche l'amatissimo, inossidabile Amato, che galleggia meglio del sughero, da braccio destro di Craxi al governo dei professori, a 40.000 € al mese).
Chi si illude che la favoletta dello Stato sociale tornerà a trionfare si accorgerà ben presto di come i tecnici, longa manus dell'Europa dei banchieri, toseranno indiscriminatamente: ma - per certo -, anche per le sinistre, non sarà macelleria sociale, ma giusto riequilibrio, partecipazione ai necessari sacrifici.
Gli speculatori ben nascosti nei loro salotti buoni, a partire dai sontuosi uffici di Goldmann & Sachs, già generosi datori di lavoro di Monti, Draghi e Prodi, hanno tagliato un'altra fetta del salame degli inutili Stati dell'Unione Europea e si leccano i baffi, sazi di indotto spread.
E' finita un'epoca, davvero; ma solo da una parte; dall'altra, i vegliardi maestrini pietrificati e mummificati antropologicamente superiori sono ancora lì ed ora hanno tutto il tempo per far fuori gli illusi rottamatori, fastidiosi come le zanzare: già, con il freddo, spariscono; non hanno avuto neanche la loro primavera, l'apparato dei burosauri è peggio del d.d.t.

sabato 12 novembre 2011

E la Costituzione?


La Costituzione della Repubblica, frutto di un comprensibile compromesso tra diverse culture politiche nell’immediatezza del disastro della seconda guerra mondiale, è idolatrata a sinistra, che ne ha fatto un vero e proprio mito sacro, intoccabile, insuperabile.
Vani sono stati i tentativi di riformarla, a parte il discutibile rimaneggiamento della parte riguardante le Regioni e le competenze concorrenti con lo Stato, da cui è nato un contenzioso infinito davanti alla Corte Costituzionale.
In questi giorni febbrili, tuttavia, stiamo assistendo – anche se forse sfugge ai più – ad una vera e propria modificazione della nostra Legge Fondamentale e non nelle forme di cui all’art. 138 Cost., bensì mediante una nuova prassi che ci allontana dal sistema parlamentare, per farci transitare, quatti quatti, ad un vero e proprio sistema presidenziale.
Il Presidente della Repubblica, che della Costituzione è il primo custode, si sta muovendo felpatamente per nominare un nuovo Presidente del  Consiglio a suo pieno libito; formalmente, nessuna regola sembra calpestata, ma la sostanza è un’altra.
Prima ancora delle dimissioni di un Governo tuttora in carica, il Capo dello Stato, con mossa eclatante ed allusiva, ha nominato Senatore a vita il Prof. Mario Monti, così de facto indicandolo come nuovo Capo del Governo; l’ha ricevuto al Quirinale, ne ha indirettamente e ripetutamente parlato con abbondanti esternazioni, ha – insomma – indotto l’opinione pubblica a ritenere che Costui sia verosimilmente il salvatore della Patria (basta con i salvatori, ci accontenteremmo di persone normali).
Il nuovo Governo, tuttavia, ha bisogno della fiducia di entrambe le Camere; mentre alla Camera bassa una maggioranza sembra non esserci, al Senato invece c’è ancora, abbondante, ed è quella uscita vittoriosa alle elezioni del 2008.
Che cosa succederebbe se il Governo Monty-Merkozy, esecutivo bancario-europeo, non ottenesse la fiducia al Senato? Dovrebbe dimettersi, ma resterebbe in carica per l’ordinaria amministrazione (che, in casi di straordinaria necessità ed urgenza, si estenderebbe anche alla decretazione d’urgenza ex art. 77 Cost. con i decreti-legge): in tal caso, in mancanza di una maggioranza, il Presidente della Repubblica non potrebbe che sciogliere le Camere ed il periodo elettorale sarebbe gestito da un Governo privo dell’investitura parlamentare e della forza della rappresentatività (soprattutto se Governo tecnico, formato da non parlamentari).
I tempi preelettorali, in una situazione come l’attuale, sono delicatissimi; con un Esecutivo di tal fatta, non legittimato dalla fiducia, e le Camere sciolte, l’unico organo costituzionale forte rimarrebbe, de facto, la Presidenza della Repubblica, con l’assunzione di poteri enormi, di supplenza e di persuasione, di indirizzo e di condizionamento, si badi bene, al di là di ogni previsione della Costituzione e della sovranità popolare (i cui rappresentanti legittimi ed elettivi siedono in Parlamento, non sul Colle più alto, giacché il Capo dello Stato non è eletto direttamente dal popolo).
Il Quirinale motiva questo quadro politico con l’urgenza di rispondere ai mercati internazionali ed all’Europa: a questi moloch va sacrificato tutto? La sovranità, la Costituzione, la politica?
Un Governo del Presidente eterodiretto dalla Banca Centrale Europea (eletta da chi?), dalla Cancelleria di Berlino, dall’Eliseo (il cui inquilino dovrebbe pensare un po’ di più alla Francia e non ai trucchi per tentare inutilmente di essere rieletto), dai tecnocrati della finanza e della speculazione internazionale, da un’imbelle Commissione Europea, da una sfrenata campagna mondiale di stampa contro il nostro Paese (che sta male, ma non peggio di altri saccenti consiglieri interessati, del tipo della francese Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che si è affrettata a definire competente il nuovo Presidente del Consiglio in pectore). Con quale programma, poi? Chi lo sa?
Come in Grecia, con un nuovo primo ministro banchiere (già Vice Presidente della B.C.E.), che – però – condurrà ad elezioni nel giro di pochi mesi, mentre in Spagna (altro ventre molle) le elezioni sono imminenti.
Da noi, per contro, parlare di elezioni sembra blasfemo; un peccato mortale contro il senso di responsabilità, la necessità di coesione invocati da chi è abituato a ricorrere alla piazza e da anni tenta di dare una spallata fatale al voto degli elettori: chissà perché le urne vanno bene in Grecia e Spagna e non da noi…
Risultato: avremo probabilmente un Governo al di sopra della Costituzione, dipendente in tutto e per tutto da un Capo dello Stato che fa politica estera ed interna e fa pure la predica, alla faccia di una Costituzione tuttora vigente.
Nessun Presidente della Repubblica, da Einaudi in avanti (neppure Scalfaro, il che è tutto dire!) ha mai rimaneggiato così il sistema costituzionale; lo stupefacente è che non se ne parli e che, anzi, il profumo dell’incenso e lo schiocco degli applausi prevalgano contro ogni ragione; d’accordo che Parigi val bene una Messa (in questo caso Palazzo Chigi); stiano all’erta, però, i falsi adoratori della Costituzione; quando si apre la diga, poi è difficile chiuderla. Nel frattempo, i danni all’architettura costituzionale sono fatti e lo sfarinamento del residuo di sovranità rimasto alla Repubblica Italiana diventa irreversibile: diventeremo un protettorato anglo-franco-tedesco, con un bell’economista tratto da un esclusivo club internazionale di banchieri e finanzieri, dove si muove così bene, collaborando servizievole.
Brivido!   Che abbiano ragione i rottamatori?
Ma... serve coesione sociale, non facili vie di uscita... 
Ipse dixit.
Amen.