mercoledì 17 marzo 2010


In una e-mail inviata dal PdL saronnese (a me girata per conoscenza da alcuni amici imbarazzati) si sostiene che la mia candidatura "appare purtroppo come la ricerca di una rivincita personale dopo che il partito di originaria provenienza aveva deciso di non accettare la mia richiesta di candidatura a Sindaco"; per conseguenza, si invita a concentrare il voto sui due soli candidati "veri", uno di centrodestra, uno di centrosinistra e, anzi, di eleggere al primo turno il candidato del PdL "perché un eventuale ballottaggio comporterebbe una spesa significativa per le casse comunali in un periodo dove purtroppo la situazione dell'economica (sic!) è molto difficile".
L'argomentazione, nella sua pochezza politica, è risibile: quasi che il voto, espressione più alta della libertà e della democrazia, si possa barattare con una spesa, peraltro contenuta; mi vengono in mente le sprezzanti parole mussoliniane, che definivano le elezioni "ludi cartacei"; evidentemente, quando si è a corto di idee, si ricorre a facili battute, peraltro dimostrative dell'apprezzamento che si ha dell'autonomia di giudizio dei cittadini-elettori.
Quanto alla presunta mia "rivincita", mi dicano i reggitori del PdL come, dove e quando io avrei mai preteso di essere ricandidato dallo stesso partito; dopo cinque anni di purgatorio con tratti infernali, in cui mi sono dovuto sorbire anche il tentativo di sfiduciamento del capogruppo consiliare del medesimo partito (ora lealista candidato a Sindaco), sarei stato completamente pazzo se avessi mai avuto un pensiero simile; anche il solo istinto mi avrebbe impedito di sottopormi ad altri cinque anni di calvario, alla mercé di correnti e di alleati di tale levatura, che mi avevano già da tempo collocato nel mondo dei trapassati (politicamente, s'intende), con tanto di damnatio memoriae.
Invece di attribuirmi volontà inesistenti, i reggitori attuali del PdL dovrebbero fare lo sforzo (se ne sono capaci nella loro autoreferenzialità) di riflettere sulle modalità con cui hanno gestito (e, pare, gestiscono) un partito, reduce da una serie impressionante di insuccessi e da cui moltissime persone si sono allontanate volontariamente nell'evidente impossibilità di riconoscervi, nelle condizioni attuali, i princìpi e le idealità che avevano condiviso sin dalla sua nascita, dalle origini, non da sopraggiunti parvenus.
La mia presenza in queste elezioni, sorprendente anche per me ormai orientato alla sola vita privata, è frutto dell'accettazione delle sollecitazioni che mi sono venute con grande generosità ed entusiasmo sia da chi aveva conosciuto e condiviso la mia azione amministrativa, sia da chi, "nuovo" della politica locale, ha voluto incominciare con lealtà da quanto ritenuto positivo della mia esperienza: da queste persone, di cui sto scoprendo con piacere le capacità e l'impegno, sono certo usciranno tanti personaggi che, in un futuro non tanto lontano, sapranno essere interlocutori affidabili ed ottimi amministratori della città che dimostrano di amare; a loro passo già idealmente il testimone, con molta fiducia.
Continuo a pensare alla nostra città, anzitutto; per esperienza acquisita sul campo, ho capito che è meglio farlo autonomamente e localmente, senza gli inevitabili e stucchevoli condizionamenti di partiti politici gerachici, che devono rispondere agli organi superiori e ad "equilibri" da politicanti.
Confido che i Saronnesi se ne rendano conto da soli e che agiranno di conseguenza nel segreto dell'urna; alla faccia dei penosi richiami a presunti risparmi, che nascondono nervoso fastidio ed inammissibili tendenze egemoniche.
Lo stesso vale per gli altri due Candidati che si presentano al di fuori dei partiti "ufficiali" e che dànno, secondo le rispettive sensibilità, un notevole contributo ad una campagna elettorale altrimenti addormentata e ridotta ad una pallida imitazione di sistemi rigidamente bipolari, che stanno paralizzando il Paese in squallide vicende di pettegolezzi, ripicche, confusioni preelettorali, ricorsi e controricorsi, di cui la cronaca è imbevuta.

Forse ci meritiamo qualcosa di meglio.

mercoledì 10 marzo 2010

Lo sprezzo per le Istituzioni


Sembrerà una cosa da poco, in mezzo ai tanti problemi che ci affliggono; tuttavia, mi ha colpito gravemente la visione di un manifesto elettorale, in cui un candidato a Sindaco si presenta con la fascia tricolore, circondato dai candidati delle liste che lo sostengono che parimenti indossano la fascia.
La fascia tricolore è l’insegna che l’ordinamento attribuisce ai Sindaci, come distintivo della funzione, dell’istituzione, non della persona che temporaneamente ricopre l’incarico.
È un simbolo solenne, riconosciuto da tutti gli Italiani, che riassume in sé plasticamente l’intera comunità civica e la sua unità: è una cosa seria, non una sciarpa da tifosi, non una decorazione anacronistica, non un vezzo barocco; rappresenta tutta la città, tutti i cittadini.
Mi fa specie che la fascia tricolore sia stata utilizzata a fini di propaganda di una sola parte – peraltro atta a confondere -; è un abuso di cattivo gusto, un segno di allegro disprezzo dell’Istituzione comunale, ridotto ad elemento cromatico per attirare l’attenzione; di più è segno di allarmante disinvoltura e di scollamento dal rispetto dovuto alle Istituzioni ed ai loro storici simboli, tanto più grave per chi, sebbene eletto, non ha nemmeno avuto il tempo di indossarla legittimamente, per non aver prestato il giuramento di fedeltà.
Banalizzare la fascia tricolore è l’ennesimo esempio di perdita del senso della misura; non c’è slogan che elida questo affronto; nemmeno la buona fede – che pure è presunta – può far venir meno la sensazione di superficialità di chi si è prestato a questa indecorosa forma di pubblicità faziosa, magari pensando di scherzare.

Con le Istituzioni non si scherza.

Con le Istituzioni non ci si fa réclame, né si confondono i Cittadini.

martedì 9 marzo 2010

Assessori, numeri, indennità & cassetti


Le ineleganti ed insinuanti dichiarazioni del Dott. Tramacere – il quale, più nervoso del solito, mi invita a... studiare (http://www3.varesenews.it/saronno_tradate/articolo.php?id=166811) - richiedono una puntuale e definitiva replica. Ne seguo l’elencazione.
L’art. 2, co. 185 della legge finanziaria 2010 (l. 23 dicembre 2009, n. 191) riduce ad un quarto del numero dei Consiglieri Comunali il numero degli Assessori. Parimenti, il comma 184 della stessa legge riduceva del 20% il numero dei Consiglieri Comunali. Applicata a Saronno, tale norma avrebbe comportato la riduzione a 24 dei Consiglieri Comunali ed a 6 degli Assessori; tutto ciò conformemente al disegno di legge anteriormente presentato dal Ministro Calderoli.
Udite le lamentele dell’apparato politico, interveniva a tempo di record il Governo, con il Decreto-legge 25 gennaio 2010 , n. 2, il cui art. 2, per sovvenire a siffatto grido di dolore, ha rinviato al 2011 l’applicazione di tali riduzioni. Successivamente, la legge di conversione passata dalla Camera (ed inviata al Senato), approvando un complesso emendamento, ha scisso la diminuzione degli Assessori dalla diminuzione dei Consiglieri Comunali: la prima si applica già dal 2010, la seconda avrà vigore dal 2011; quindi, per Saronno, il numero di Assessori, per il 2010, sarebbe di 7,5 (arrotondato in 8). Ma solo per il 2010, poiché nel 2011 entrerà in vigore la riduzione dei Consiglieri Comunali.
Nel nostro caso, il Consiglio Comunale elettivo sarebbe già in carica da circa 8 mesi con 30 Consiglieri e non si ridurrà a 24 nel 2011, poiché vale il principio dell’applicabilità della legge in vigore al momento delle elezioni (2010) secondo il principio che tempus regit actum.
Diverso il caso degli Assessori, che non sono eletti dal popolo, ma sono nominati dal Sindaco con atto suo proprio: qui sta la differenza fondamentale tra i due istituti. Infatti, dal 2011, come detto, il numero di Consiglieri de jure sarebbe 24, de facto e sino a conclusione del mandato 30; ma la norma dètta un principio, applicabile dal 1° gennaio 2011, secondo cui il numero degli Assessori dev’essere pari ad un quarto dei Consiglieri assegnati dalla legge a quel Comune; la legge, dal 2011, ne assegna 24, quindi gli Assessori - che sono nominati dal Sindaco e non eletti come i Consiglieri - scendono a sei.
Questo è lo spirito della norma, che solo per motivi contingenti politici è stata rinviata solo in parte al 2011; in altre parole, la ratio legis è quella della riduzione, sicché è mia opinione che non abbia senso nominare quest’anno 8 Assessori, quando, a far tempo dal 1° gennaio 2011, essi dovrebbero essere 6. Ed allo spirito del Legislatore (anche questa volta contorto e pronto a tornare sui suoi passi anche se solo parzialmente, provocando difficoltà applicative ed interpre-tative) intendo riferirmi nell’anticipare – come detto nel mio programma, scritto ben prima dell’approvazione della legge di conversione alla Camera – la riduzione a 6 degli Assessori da sù-bito. Proprio su questo numero ho anche ipotizzato la nuova organizzazione degli Uffici Comunali in sei Settori, con una coerente distribuzione delle competenze.
Per l’esperienza che ho acquisito, ritengo che quello di 6 sia il numero migliore e non ne ho mai fatto mistero; non ho mai “copiato” a scuola (mi davano del secchione!), figuriàmoci se mi metto – alla mia età – a “copiare” dal programma del Dott. Tramacere (che peraltro non è mio professore, anche se Lui sembra credersi tale), il quale magari è giunto alle stesse conclusioni, ma con intenti diversi dai miei; né mi risulta che abbia “brevettato” un’idea, al centro del dibattito amministrativo da anni.
In relazione ai compensi, non ho nessuna vergogna a confermare quanto io abbia percepito come indennità dalla fine del 2000 (prima era molto meno, circa € 750,00 mensili) e ne so apprezzare il valore; non dice, però, il Dott. Tramacere, che quando – come io ho fatto per dieci anni – si dedica al Comune l’80% del proprio tempo (lo faranno gli altri candidati?), si deve per forza trascurare la propria attività; se un lavoratore dipendente può mettersi in aspettativa e conservare il posto, un libero professionista non può e consegue notevolmente minori introiti privati (è chiaro che se si è in Comune non si possono assistere i clienti, con diminuzione del proprio “avviamento”); si noti che questa indennità, tra l’altro, non ha alcun effetto ai fini pensionistici, sicché i miei dieci anni in Municipio mi penalizzeranno al momento del conseguimento della pensione, ma non me ne lamento, ne ero consapevole; l’indennità, poi, si assomma ai redditi personali e sulla sommatoria si paga l’IRPEF, con il che allo Stato ritorna la metà se non di più del percepito; quindi le cifre snocciolate dal Dott. Tramacere sono lorde, non nette; in più, mi pagavo di tasca mia un’idonea assicurazione.
Queste cose un professionista di vaglia come il Dott. Tramacere le sa a menadito, ma si-gnificativamente finge di dimenticarsene, come dimentica che le indennità assessorili, per contro, sono davvero magre, nel senso che circa 1.200 € al mese lordi non sono per certo un lauto appannaggio, considerando l'impegno richiesto…
Infine: il direttore generale l’ho nominato io, come allora avveniva in tutti i Comuni; preferii, per non spendere troppo, aggiungere questo incarico al Segretario Generale, senza ricorrere ad altri soggetti esterni. L’esperienza ed il dibattito nel mondo amministrativo hanno condotto alla conclusione, ormai unanime (e pronta a diventare legge), che si possa fare a meno di questa figura; ora io propongo di sostituirla con una conferenza permanente dei Dirigenti, presieduta dal Sindaco (a costo zero), per mantenere l’omogeneità amministrativa; mi sembra una buona soluzione per il coordinamento (né mi risulta che fosse stata preconizzata dal programma elettorale del Dott. Tramacere).
Dott. Tramacere che – infine – dovrebbe anzitutto avere rispetto per l’operato di chi ha speso dieci anni della propria vita nell’amministrare correttamente una realtà complessa come Saronno, senza rimpianti e con tutte le proprie capacità. Non alla finestra o nel chiuso del proprio studio, dove trastullarsi ad immaginare giorno dopo giorno quali critiche facili muovere a chi stava lavorando; criticare è facilissimo, amministrare no; vedremo come saprà fare il nostro interlocutore, se mai i cittadini gliene daranno l’opportunità.
Di sicuro, qualora mi dovessi trovare ad oppormi ad un’Amministrazione di cui Egli facesse parte, non userei i suoi metodi sopra le righe, divenuti offensivi ed intollerabili, né allusioni a cassetti pieni di chissà cosa; sappia il Dott. Tramacere che io non ho bisogno di cassetti (peraltro ne ho molti anch’io); mi basta la mia memoria, che – a Dio piacendo – è ancora intatta e vivace; ma è proiettata verso il futuro, non ad un passato in cui Egli stesso, per sua pubblica confessione sul suo giornale, ha patito la sua peggiore sconfitta allorquando, privo di qualsiasi incarico istituzionale e rappresentante solo dei suoi ondivaghi umori presenzialisti, tentò invano, a giugno 2008, di consegnare la città al Commissario Prefettizio, promuovendo – non si sa a qual titolo – una mozione di sfiducia nei miei confronti (cui aderì, purtroppo, chi ora Egli sostiene come futuro primo cittadino).
Mi pare abbastanza.

sabato 6 marzo 2010

Sgarbi e sgarbi


In questi giorni non si fa che parlare di ostriche e di perle, sulla scorta di un simpatico manifesto ideato per interessare il pubblico alla Lista di UNIONE ITALIANA. Reazioni, a dire il vero, stizzite ed anche sopra le righe, che inducono a pensare ad acidità gastriche successive ad una scorpacciata del celebrato frutto di mare.
Le ostriche sono squisite, ma vanno consumate con parsimonia, altrimenti l’indigestione è in agguato; se, poi, com’è d’uso, le si accompagnano a generose bevande frizzanti (dallo champagne agli ottimi spumanti nazionali), l’effetto può essere deleterio.
Così, sotto l’effetto di una micidiale miscela gastronomica, si corre il rischio di perdere la bussola e di prendere le perle per parole poco signorili e di lanciarsi in inutili sgarbi (anche di natura personale), segno di disagio nervoso.
A chiacchiere, tutti son pronti a pretendere per Saronno un futuro immaginifico di leadership comprensoriale (in prima fila quelli che si sono genuflessi da anni alle tendenze egemoniche di municipalizzate gallaratesi, a partire dalla gestione delle acque) e sproloquiano di marketing territoriale. Ma le idee non sono chiare: più che confuse, sono invidiose ed imbarazzate, in carenza di serie proposte alternative.
L’avere nel governo cittadino l’apporto del più noto conoscitore d’arte italiano sarebbe proprio una disgrazia per la nostra città? Un personaggio come Vittorio Sgarbi – al di là del carattere istrionico e vulcanico – potrebbe solo fare bene e sottrarre Saronno ad un provincialismo soffocante, che ci rende solo spettatori o, al massimo, insignificanti ed ancillari tributari di Milano.
Eppure, Saronno ha una sua identità anche storico-artistica; tutto il mondo ci conosce per gli angeli della cupola del Santuario, monumento di pittura rinascimentale e fonte preziosa di conoscenza della strumentazione musicale.
Saronno “Città degli Angeli”, messa in relazione con Leonardo ed i leonardeschi (Ferrari, Luini), di cui c’è ricchissima traccia a Milano, potrebbe rientrare in un circùito storico-artistico a tema, di rilevanza internazionale, poiché – come scriveva Stendhal due secoli fa nel suo “Viaggio in Italia” - proprio al Santuario di Saronno si dà l’addio alla bella pittura italiana.
È una perla (o un’eccellenza, come altri preferiscono), che un conoscitore come Vittorio Sgarbi potrebbe aiutare ad uscire dal guscio, per sviluppi impensabili.
Ecco perché noi preferiamo pensare a Sgarbi e tralasciamo gli sgarbi (con la s minuscola), con i quali taluni (anche loro con la minuscola) tentano di celare il vuoto delle loro idee da strapaese o da lunapark: ancora una volta, sotto il livido mantello, anche se di foggia fiorentina, il nulla; solo qualche boutade postdigestiva, di riporto, di meteorica tristezza.

venerdì 5 marzo 2010

Ricami (7)

Funereo come non mai, sempre più nervosamente incline ad esempi da pompe funebri, l’inesausto Direttore del solito noto settimanale saronnese – nel predire urlante l’altrui dipartita (ma si guarderà mai nello specchio?) – riporta un delizioso essai poetico di un angelico Candidato a Sindaco:

“È un vecchio pescatore che
vi parla
Pescare l’ostrica sperando
nella perla
Aprire l’ostrica restando
come un pirla
Chiudere l’ostrica e dentro
il mar riporla”.

Osserviamo compiaciuti l’abile uso di argomentazioni dialettiche formidabili ed un ésprit de finesse che si spinge sicuro (senza trattino) dall’aulico spirito costituzionale sino alla più popolare terminologia vernacolare da cabaret.

Talete di Mileto, già nel VII-VI sec. a. C., avrebbe forse chiosato così: “Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà”.

Et de hoc satis.